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Andrea Cappannari docente e operatore in tecniche di massaggio e relazione di aiuto

E’ la relazione che porta guarigione

Una storia di vita

Maria (nome di fantasia) mi contatta per provare un trattamento Reiki. E’ curiosa di conoscerlo, e non sembra avere fretta o necessità particolari. Solitamente mi vengono richiesti percorsi più strutturati o tematiche precise, quindi il compito mi si prospetta rilassante. Ma si sa, ogni persona ha un mondo dentro da svelare, e non arriva a chi, come me, lavora con la relazione di aiuto mai “per caso”.

Maria è una persona vitale e positiva nonostante il momento duro che mi racconta. Una storia di 10 anni di tentativi di gravidanza, fra problemi fisici, esami dolorosi, tentativi frustranti e tensioni relazionali. In più la morte della nonna a cui teneva molto.  Vuole capire il perchè di questo destino avverso, e io non posso dargli risposte. Ma la ascolto, le faccio comprendere che la “vedo”, condivido la mia umanità incontrandola. E questo, vedo, è già un sollievo. Il resto è storia: il trattamento fortunatamente le giova, uscendone con un viso veramente disteso, e l’esperienza la aiuta a sopportare il giorno dopo l’ennesimo esame negativo.

 

Relazione di aiuto

Il termine relazione di aiuto è composto in latino da referre: stabilire un legame, e adjutus: giovare verso, quindi letteralmente stabilire un legame che porta giovamento a qualcuno. Questa concezione è estremamente importante per chiunque lavori con altre persone ma soprattutto per chi si occupa, in temini sanitari o complementari, del benessere degli altri.

E’ la conditio sine qua non di ogni intervento. Non so se Maria continuerà un percorso con me, ma so che per quell’ora ha trovato una condizione relazionale che le ha portato giovamento, e questo vale già tanto al di là di ciò che succederà dopo. Non per nulla si dice che il legame positivo con chi ci assiste già fa il grosso in un processo terapeutico.

Non il pietismo o il paternalismo, non la fusione nell’altro e l’applicazione di protocolli relazionali codificati, ma l’esserci pienamente come esseri umani che vedono, ascoltano, sentono un altro essere umano.  Non efficienti esecutori che nell’altro vedono solo un pezzo da curare, uno squilibrio da livellare o una mente da riorganizzare, ma che lo incontrano nella pienezza di quello che è e che porta in quel momento. Dopo verrà il doveroso tempo delle anamnesi e terapie. Dopo. 

 

 

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